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Ristorazione e centri commerciali
Roma nel mirino della Dda

Di Stefano Fantino il . Dai territori, Lazio

Un patto di ferro per controllare ristoranti e centri commerciali,
per riciclare, per reinvestire in attività pulite. A stipularlo,
stando all’inchiesta della Dda emersa in questi giorni, sarebbero ‘Ndrangheta
e Camorra, abili a pianificare una spartizione proficua per entrambi.
Dove? A Roma. Ai casalesi il controllo degli ipermercati delle periferie,
alle ndrine il settore della ristorazione. A volte in centro, in pieno
centro.  Lo dimostrano una inchiesta della Dda che dopo mesi di
intercettazioni e indagini ha permesso di far entrare in azione i Ros
che hanno posto i sigilli a un famoso ristorante “Alla Rampa”,
nei pressi di Piazza di Spagna. Ma sono una ventina tra alberghi del
centro e centri commerciali ad essere nel mirino della Procura.

Non
certo una novità per chi segue non superficialmente la cronaca,
essendo la Capitale crocevia importante per i riciclaggio di denaro
sporco, ormai da decenni. Il ristorante in questione, molto frequentato
e apprezzato, appartiene ufficialmente ad una azienda. Tuttavia dalle
indagini sarebbe emerso il controllo sul luogo di ristorazione da parte
di  personaggi vicini al gruppo Pelle-Vottari,  ben noti
alla cronaca per il loro diretto coinvolgimento nei fatti di sangue
di Duisburg. 

L’inchiesta avviata dall’ex capo della Dda di Roma Italo Ormanni
e ora seguita dal pm Filippo Vitello  è affidata al gruppo
specializzato in criminalitò organizzata del Ros. I carabinieri
hanno appurato, tramite i dovuti  accertamenti l’ acquisto di attività
commerciali da parte di società. Ed è emerso che i veri proprietari
di locali e licenze erano nient’altro che prestanomi. Un lavoro molto
duro, soprattutto per la difficoltà nel riuscire ad indagare in
manier efficace su attività che molto spesso aprono e chiudono nel
giro di pochi mesi.

Indagare sulle attività commerciali, come
quelle del centro storico, per accertare il riciclaggio di denaro sporco è complicato. “Spesso le attività commerciali aprono e chiudono
nell’arco di pochissimo tempo e vengono gestiti da personaggi insospettabili
e incensurati che non hanno ombre sul loro passato” dice Luigi De
Ficchy per decenni impegnato nell’antimafia in Lazio in una intervista
a Repubblica. Il magistrato, consapevole delle difficoltà nell’indagare
su mafie e riciclaggio, tratteggia una situazione romana che vede in
atto questa spartizione di interessi. L’interesse delle ndrine è
soprattutto quello di investire nel settore della ristorazione e prettamente
nel centro storico: grossi proventi come quello del traffico di droga
che necessitano di venire ripuliti tramite attività lecite. Ai casalesi
invece la possibilità quasi esclusiva di investire in ipermercati,
spesso in periferia.  

Una notizia importante ma sicuramente non nuova per chi si è
sempre battuto per rifiutare una ipotesi negazionista riguardo la presenza
delle mafie nella capitale.  “A Roma circola tanto denaro,
della mafia, della ‘ndrangheta e della camorra” parole di Piero
Marrazzo, presidente della regione, uomo di politica. Che non può
distogliere lo sguardo da una realtà che le associazioni e la società
civile denunciano da tempo e che anche sulle nostre pagine ha trovato
spazio in un approfondito dossier.

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