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0.1 Una commissione d’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in Umbria

Di Norma Ferrara il . Umbria

Solo alcuni anni fa la Procura nazionale antimafia nel suo rapporto annuale collocava l’Umbria fra le regioni a basso rischio di infiltrazione mafiosa e Nicola Miriano, procuratore generale della Repubblica a Perugia, nel 2001 pur esprimendo la sua preoccupazione per le infiltrazioni di gruppi criminali anche esterni alla regione aggiungeva “qui la mafia classica, quella con il governo del territorio, non trova terreno fertile; a operare sono per lo più associazioni a delinquere a carattere organizzato”.  (Qc, giugno 2001).

E’ di pochi mesi fa invece la notizia che le associazioni Libera Umbria, Legambiente e Cittadinanza attiva hanno inoltrato ai presidenti del Consiglio di tutti i comuni, delle due province e della Regione dell’Umbria una richiesta senza precedenti: costituire una commissione d’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nella regione e in particolare nel sistema degli appalti pubblici. Primo a rispondere all’appello il Comune di Perugia, molti ancora i silenzi di altre amministrazioni locali. Cos’è accaduto dunque in questi anni, perché si è giunti a questo livello di allerta?

Regione di soggiorni obbligati per molti boss di primo calibro proprio perché ritenuta “neutra”, l’Umbria è diventata terra di conquista nelle nuove “rotte” disegnate dalle mafie; camorra e ‘ndrangheta in testa. I numerosi arresti, la grande pressione da parte degli organi giudiziari nelle regioni del sud Italia e anche nel nord (Lombardia, Piemonte e Veneto, in particolare) hanno portato i clan a guardare altrove.  Prosciugate le risorse economiche di gran parte dei territori del sud Italia, l’Umbria è stata individuata come il luogo ideale nel quale agire indisturbati. Qui, come dimostra la Naos, ultima operazione della Dda di Perugia,  le cosche sondano il terreno, fiutano la possibilità di costruire aziende “pulite” e utilizzano questa copertura per muoversi e fare affari nella regione stessa ma soprattutto nel resto dell’Italia. Prestanome più o meno consapevole, l’Umbria si scopre base di smistamento, progettazione e investimento degli affari delle mafie, italiane e straniere.

“Siamo convinti che la lotta alle mafie – dichiara Walter Cardinali di Libera Umbria –  non può essere delegata solo alle forze di polizia o alla magistratura o ad associazioni. E’ una lotta che può essere vinta solo con una vasta partecipazione popolare. Le istituzioni elettive rappresentano quindi uno strumento primario, anzi fondamentale, per monitorare il territorio e verificare l’esistenza e la portata di eventuali infiltrazioni mafiose. Il coinvolgimento delle assemblee elettive – prosegue Libera Umbria – è uno strumento per costringere il maggior numero di cittadini ad approfondire il problema della criminalità organizzata e a costruire una cultura antimafia di massa. Inoltre: chi concede appalti pubblici, licenze edilizie o commerciali? Gli enti locali, dunque chi meglio di loro può controllare eventuali infiltrazioni? Chi meglio degli eletti dalle diverse cittadinanze può avere quei collegamenti necessari per conoscere tutte le operazioni economiche sospette che avvengono nel territorio?”.

Questa commissione d’ inchiesta arriva dunque  dopo anni in cui  il tessuto sociale umbro e delle istituzioni aveva dato l’impressione di “resistere” alla pressione esercitata dalle mafie.  Anni in cui, sotto gli occhi di tutti, l’investimento nel cemento, le continue variazioni ai piani regolatori del capoluogo, il traffico di droga e di prostituzione, le denunce per usura, crescono con ritmi che erano per l’Umbria piuttosto sconosciuti. Alle singole commissioni sarà richiesto di far luce sulle attuali infiltrazioni nel sistema degli appalti pubblici, di monitorare e fare prevenzione per i futuri. E a giudicare dal volume di affari in progetto per il capoluogo e per l’intera regione, soprattutto nel settore dell’edilizia, queste commissioni arrivano al momento giusto per evitare che ad aumentare sia anche il volume di affari delle mafie.

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