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Tagli all’editoria, la bozza salva-testate

Di redazione il . Istituzioni

Centoventicinque milioni di euro in meno, decine di testate a rischio. Quotidiani, riviste, periodici, stampa a sfondo etico, politico, sociale, specializzata e di opinione, il variegato mondo del pluralismo informativo sfoltito a fondo dai tagli del decreto Tremonti. Fondi ridotti del 32,5% in quattro mesi, come in nessun altro settore. Senza contare i tagli dell’anno precedente: da 589 del 2006 a 387 del 2007. Non è tutto: cade il diritto soggettivo ai contributi, cioè la certezza di percepire dei fondi e dunque di poterli richiedere in anticipo alle banche. Le poste di bilancio saranno discrezionali. Si aggiunga che resteranno praticamente invariati i contributi indiretti, intercettati dalla grande editoria. Anche in questo caso cade il diritto soggettivo, ma si stabilisce contestualmente la certezza di un adeguamento annuo in linea con l’inflazione, dunque certamente un di più anche se di poco. Paradossi che fanno gridare alla censura di Stato.

 

Inutile dire che le testate colpite sono scese in campo, con la Mediacoop, l’associazione delle piccole e medie cooperative editoriali. Si prova a ripristinare il diritto soggettivo, alla luce di pareri autorevoli di anticostituzionalità del decreto Tremonti. Si interviene anche per provare a influenzare il percorso di definizione del regolamento che attuerà la legge, fissando i criteri di erogazione dei contributi. E per fissare un paletto decisivo: non si toccano i contributi per il 2008, già preventivati in bilancio, per evitare fallimenti altrimenti inevitabili.

 

Sono diverse le proposte del fronte anti-tagli, per tagliare in modo alternativo. Una serie di regole anti-furbetti, riprese nella bozza di regolamento proposta dal sottosegretario Bonaiuti: si passerà dal criterio di tiratura a quello di distribuzione, si escluderanno dal computo le copie vendute in blocco con forti sconti, sarà rinegoziata con Poste italiane la tariffa delle spedizioni oggi inspiegabilmente  senza alcuno sconto, e infine le cooperative dovranno essere costituite da giornalisti.

Quindi altri nodi posti all’ordine del giorno: un range tra copie distribuite e vendute per prevenire speculazioni, il tetto del 30%  per le entrate pubblicitarie per l’accesso ai contributi (i fondi sono appunto pensati per sostenere le testate discriminate nella raccolta pubblicitaria), e ultimo ma non per importanza un limite minimo di dipendenti.

 

Mediacoop lancia poi una battaglia una parola d’ordine: fondo di solidarietà. Una battaglia rilanciata dal manifesto, la storica testata della sinistra indipendente. Si tratterebbe di un fondo da finanziare con tasse di scopo. Come fare: eliminare l’incentivo iva (il 4% invece del 20%) per l’oggettistica allegati ai prodotti editoriali, portare al 2% del fatturato la quota che le tv analogiche nazionali pagano per la concessione statale dei sette canali (al momento al di sotto della media europea). Il manifesto indica anche una bozza alternativa: tagli ai contributi postali per i gruppi quotati in borsa, una tassa dell’1% sulla pubblicità televisiva.

 

Sei volte incostituzionale. Secondo Alessandro Pace, professore ordinario di diritto costituzionale all’università La Sapienza di Roma e presidente dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, il decreto Tremonti viola le leggi fondamentali della Repubblica: gli articoli 3 (primo e secondo comma), 21, 41, 45, 49 e 81.

Entrando nel dettaglio, sarebbe inammissibile tagliare improvvisamente i fondi “da un anno all’altro e in modo arbitrario”. Soprattutto per le cooperative, che godono di una tutela garantita dalla Carta, ormai attuata e dunque non più “ritirabile”. Inutile dire che il discrimine tra grande e piccola editoria non rispetterebbe l’articolo 3 della Costituzione. Mentre l’eliminazione del diritto soggettivo, e il relativo potere discrezionale affidato al ministro dell’Economia, varato in sede di Finanziaria avrebbe un sostanziale vizio di forma: le poste in bilancio possono essere variate dalla legge e solo dalla legge.

Il dibattito è aperto. L’Fnsi dice un secco no alla riforma. Dal centrosinistra (e in parte dalla maggioranza) sono arrivate diverse prese di posizione in contrasto con la linea Tremonti-Bonaiuti. Anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha invitato il governo a “non comprimere il pluralismo” nel portare avanti i necessari tagli alla spesa pubblica. Ma dal governo si insiste nella logica del decreto. E la piccola e media editoria spera.

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