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Ecco le comunità libere di Caserta

Di Pietro Nardiello il . Dai territori, Puglia

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     La
provincia di Caserta va oltre Gomorra cercando di costruire sul
proprio territorio comunità alternative alla camorra il cui
obiettivo è situato ben aldilà dell’antimafia delle parole, dove
si lavora guardando al futuro e all’emancipazione della
collettività attraverso azioni concrete come il riuso sociale dei
beni confiscati.

   
L’Osservatorio sui
beni Confiscati, il Comitato Don Peppe Diana, l’associazione Libera
rappresentano uno zoccolo duro ai quai si è aggiunta, da qualche
settimana, anche la Facoltà di architettura di Aversa. Precisiamo.
Ciò che risulta difficile su questo territorio è proprio stabilire
quali siano i confini che differenziano e separano la legalità
dall’illegalità, la giustizia dalle ingiustizie e questo a causa
di una zona grigia nella quale riescono abilmente a confondersi e ad
infiltrarsi i colletti bianchi, gli operatori sociali, i dirigenti
amministrativi e tutori dell’ordine, uomini della mala politica che
preferiscono convivere, quando non ne sono espressione diretta, con
la criminalità organizzata. 
 

    
Finalmente anche in
questo territorio la comunità attiva, seppure numericamente ancora
esigua, riesce a far sentire sempre più la propria voce avanzando
encomiabili proposte che puntano, come già riferito, alla crescita
del terriotorio e della sua gente. Proprio ieri, nella sala della
Provincia di Caserta, è stata presentata una pubblicazione da parte
dell’Osservatorio provincale sui Beni Confiscati, frutto di una
ricerca durata all’incirca un anno e intitolata “Simboli e
risorse di comunità libere”, un approfondimento su contesti e
pratiche per il riutilizzo dei beni sottratti alla camorra.

    
La provincia di
Caserta è la quarta in Italia per numero di beni confiscati, l’85%
di essi si concentra in appena dodici comuni ma  spesso i
cittadini disconoscono la presenza di tale patrimonio sul proprio
territorio e questo anche a causa delle amministrazioni locali che
preferiscono non inserire nella propria agenda politica il riutilizzo
di questi beni.  «Bisogna conoscere per essere coscienti e
responsabili» ha dichiarato durante la presentazione Don Luigi
Ciotti presidente di Libera, e «questo non è un semplice libro- ha
poi proseguito- ma la voce di un progetto ideato e pensato per
raggiungere giustizia».

Sicuramente
dopo questa pubblicazione, e ci rivolgiamo soprattutto agli addetti
ai lavori, nessuno potrà continuare a far finta di non conoscere, a
giocare sporco facendo finta di dimenticare, richiamando quelle
criticità oggettive di un ambiente difficile dove si preferisce
sparare per sopprimere chi ha deciso di fare della lotta alla camorra
una sua scelta di vita, perché c’è una cittadinanza attiva viva,
caparbia che vuole interagire con coloro che sono demandati, in modo
democratico, alla guida politico-ammonistrativa del territorio. Un
fermento al quale Antonio Maruccia,  Commissario 
Straordinario del governo per la gestione dei beni confiscati,
intervenuto alla presentazione, guarda con ottimismo così come fa il
presidente della Provincia Sandro De Franciscis che ha sottolineato
come, «nonostante l’escalation criminale questo è un modo
per dire basta rimanendo nei confini della legalità». 

A
Caserta, dunque, è stato tracciato un solco chiaro, preciso, una
sorta di confine a quattordici anni dall’assassinio di Don Peppe
Diana, perché finalmente una parte della cittadinanza “sale sui
tetti per predicare la parola della verità e della conoscenza”. Un
movimento che nasce dal basso richiamando tutti a rispondere delle
proprie responabil
ità.
Chi non risponderà all’appello si schiererà, palesemente, dalla
parte della camorra.
 

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