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Bari, nel nome di Michele e Gianluca

Di redazione il . Calabria, Dai territori, Puglia

A scuola nel nome di Michele e Gianluca. Bari vuole ricordare il giovanissimo Fazio, ucciso a 16 anni per caso, durante uno scontro a fuoco nella zona vecchia. Bari vuole ricordare anche il giovane Congiusta, assassinato a Siderno (in provincia di Reggio Calabria). Nell’onda lunga della giornata delle vittime organizzata da Libera proprio nel capoluogo pugliese, la memoria delle vittime delle mafie rivive, per non dimenticare. E così domani mattina l’auditorium della scuola Carlo Levi sarà intitolato ai due ragazzi. Ospiti d’onore i genitori, da anni in campo per la verità e la giustizia, per i propri figli uccisi, per le altre vittime e per la rinascita antimafiosa.

Michele è morto perché si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. A Bari Vecchia, il 12 luglio del 2001, di sera, nelle vie strette del borgo antico. Michele ha terminato il turno da barista e si avvia verso casa. Non sa che di lì a poco i killer del clan Capriati spareranno ai rivali Strisciuglio. Alla fine del turno sta tornando a casa, come tutti i giorni. Due scooter si fermano, il commando fa fuoco,  un proiettile colpisce il ragazzo alla nuca. Sedici anni, troppo giovane per morire. Spesso sottovalutata, la mafia pugliese è radicata e spietata: guerre, sparatorie, già 40 vittime innocenti. E Bari è una delle città più a rischio. La morte di Michele ha animato il desiderio di rinascita, anche grazie ai genitori Pinuccio e Lella Fazio.

Anche i Congiusta proseguono nella loro battaglia di verità. Da quando quel 24 maggio del 2005 il figlio Gianluca è stato assassinato a Siderno, a 31 anni. Per gli inquirenti l’assassino di Gianluca ha un volto e un nome: Tommaso Costa. Il boss sidernese avrebbe deciso di uccidere il giovane commerciante per punire quello che riteneva fosse uno sgarro. Gianluca Congiusta si era adoperato per “salvare” il futuro suocero da un’estorsione imposta da Costa. La lettera estorsiva era finita nelle mani di uomini del clan rivale dei Commisso. Costa avrebbe deciso così di uccidere Congiusta, anche temendo la vendetta del clan avverso, uscito vincitore dalla guerra degli anni 90. Un omicidio che sarebbe dovuto servire da monito. E sulla morte di Gianluca è calato il silenzio. L’omertà. Di tutti. Un clima rotto dal padre Mario, che si è battuto e continua a battersi.

Non si arrende, Mario. E con la sua tenacia ha spinto le istituzioni calabresi a costituirsi parte civile al processo per la morte di Gianluca. Nonostante le polemiche – seguite alla decisione del comune di Siderno di non schierarsi in tribunale – si sono schierate la Regione Calabria, la Provincia, l’Associazione dei comuni della Locride, ma anche la Confindustria Calabria, Italia dei valori e altre associazioni.

Una battaglia che non è solo contro, ma anche pro: dall’auditorium di Bari ai comizi in giro per l’Italia, dalle iniziative di Libera agli articoli sulla stampa, la memoria delle vittime “contamina” gli italiani, semina gli anticorpi della giustizia sociale. Si muore e si rivive.

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