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8. Appalti, quando le cosche decidono

Di Alessio Magro il . Dai territori, Lazio

Una presenza capillare. Non solo Roma, Latina e Frosinone, ma anche Viterbo e Rieti sono sotto scacco. Non solo la Capitale, il litorale romano e il Basso Lazio, feudi storici delle mafie. Tra investimenti e usura, racket e riciclaggio, traffico di droga e appalti, sono 47 su 378 i comuni laziali finiti nella mappa delle attività lecite e illecite della Quinta mafia. E in provincia di Latina, Frosinone e Roma, la percentuale di comuni colpiti cresce notevolmente. Si tratta, come è ovvio, dei centri più grandi e ricchi. La mano sugli appalti attraverso il controllo delle amministrazioni.

LA MAFIA SI INFILTRA.
Ad Ardea (nel febbraio del 2006), a Fondi (nel febbraio del 2008) e a Nettuno (nel maggio del 2005 con il successivo scioglimento nel novembre dello stesso anno) si è reso necessario il commissariamento per l’accesso agli atti. Nel primo caso si parla di tangenti e ricatti nella gestione del cimitero. E del coinvolgimento della giunta in interessi illeciti. A Fondi, oltre all’affaire Mof, si parla di voto di scambio, tanto che fonti della Dda confermano l’esistenza di indagini in corso. Nel frattempo, sono al vaglio del commissario appalti e concessioni edilizie. A Nettuno, si sono riscontrate una lunga serie di irregolarità. A partire dall’esternalizzazione della riscossione dei tributi, alle licenze edilizie e commerciali, e ancora rifiuti e servizi cimiteriali. In parallelo, è emerso il ruolo decisore della ‘ndrina calabrese dei Gallace. Nei tre casi le amministrazioni coinvolte sono di centrodestra.

I POLITICI SOTTO TIRO.
Ma sono solo tre esempi, quelli più indicativi, quelli sui quali si è fatta chiarezza a livello giudiziario. Ce ne sono molti altri. A cominciare da Latina, terra prediletta per la camorra, ma anche per la ‘ndrangheta. Sono state numerose le segnalazioni di infiltrazioni negli appalti da parte delle famiglie storiche del Casertano. Con l’operazione Formia connection si è scoperto come la camorra riuscisse a imporre la concessione di licenze edilizie, con relative speculazioni. Sos continui arrivano da Pomezia, San Cosma e Damiano, Castelforte. Ripetuti i casi di minacce ad amministratori ad Anzio e Nettuno, a Latina e Formia, a Gaeta e Terracina, a Cisterna di Latina e Fondi. Pressioni per pilotare la cosa pubblica, ma anche minacce dirette a influenzare le elezioni.

LA BONIFICA PARTE DA GAETA.
Ancora due casi. Anche a Gaeta si è insediato un commissario, nel novembre del 2006, ma in seguito alle dimissioni del sindaco. Tocca a Bruno Frattasi, che è anche coordinatore del comitato interministeriale per l’alta sorveglianza sulle grandi opere pubbliche. Il suo ruolo è quello di traghettare il comune al voto, ma in corso d’opera Frattasi di accorge di diverse anomalie, tanto che il tutto finisce alla Corte dei conti. Nell’agosto successivo Frattasi si trasferisce a Latina, da prefetto. Avviando subito un nuovo corso che porterà al commissariamento di Fondi. E c’è da credere che la bonifica non sia terminata. Alta tensione anche a Minturno, con la richiesta di alcuni deputati prc di commissariamento dell’amministrazione, lo scorso novembre. Rifiuti e urbanistica, presunte tangenti e appalti pilotati tra i motivi. Si vedrà.

DISSESTO E DEVASTAZIONE.
Prima vittima delle infiltrazioni mafiose è la trasparenza degli appalti. Ma non solo: seguono dissesto economico e devastazione ambientale. Ardea ha dichiarato fallimento nel ’93, con successive esternalizzazioni che hanno aggravato il problema invece di risolverlo. È nelle società miste che si realizza la saldatura tra amministratori e criminalità organizzata. Stesso discorso a Nettuno, con debiti di diversi milioni di euro. C’è da aggiungere che piani regolatori azzardati e abusivismo speculativo hanno degradato il territorio un po’ ovunque. E che un dato che accomuna tutti i comuni infiltrati è la non riscossione dei tributi: i servizi essenziali non sono garantiti ai cittadini. Un baratro che ha spinto il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso a chiedere la riforma della legge sugli scioglimenti.

IL TAVOLINO.
È il manuale Cencelli delle mafie. Il famigerato “tavolino”, luogo di incontro tra chi amministra, chi fa politica, chi fa affari sporchi. Funziona ovunque, il tavolino. Anche nel Lazio. E i soldi non sono pochi. Anzi. Ci sono i grandi appalti della Tav – il ruolo della camorra è stato sancito dall’operazione “Anni ‘90” – i lavori in gestione al Mercato ortofrutticolo di Fondi (il secondo d’Italia, in pratica il punto di snodo tra offerta agricola del Sud e domanda del Nord), addirittura i fondi per Roma Capitale, con l’allarme scattato al tempo delle notti magiche di Italia 90. Ma è sulle grandi opere stradali che si concentrano gli appetiti criminali. I milioni del Cipe per i lavori del corridoio tirrenico-meridionale, la Cisterna-Valmontone, l’adeguamento della Cassia, la statale 156 e la Sora-Frosinone. I Verdi alla Regione, con in testa Enrico Fontana, hanno fatto i conti: a rischio 25 milioni di euro. Qualcosa si è fatto, con la stipula del protocollo di legalità tra la giunta regionale di Storace (il primo in Italia) e Confindustria Lazio, per garantire la trasparenza sulle opere della legge obiettivo, le altre statali e regionali (6,5 i milioni impiegati). Ma gli allarmi sono proseguiti: nel 2005 il governatore Marrazzo si è detto preoccupato per la tenuta delle stazioni appaltanti.

GLI APPALTI? SONO COSA NOSTRA.
La mafia siciliana ha scelto di privilegiare le grandi opere. Il caso di Civitavecchia è significativo. Partiti da Gela, i fratelli Antonio e Salvatore Rinzivillo (legati ai Madonia) hanno messo le mani sui lavori del porto e nelle carceri. L’inchiesta Cobra del 2002 ha svelato un intreccio perverso tra dirigenti dei penitenziari, avvocati e i vertici di Confidustria Sicilia e Ance. Ci sono poi le infrastrutture nel porto di Civitavecchia e i lavori di ammodernamento in quello di Gaeta.

LA DIREZIONE STRATEGICA.
I soldi sono tanti, ce n’è per tutti. Basta organizzarsi. E per farlo le famiglie di ‘ndrangheta e camorra hanno deciso di federarsi, legandosi agli amministratori e dirigenti locali. L’essenza della Quinta mafia. Il procuratore aggiunto della Dda di Roma Italo Ormanni è preoccupato della pax mafiosa sul litorale romano: è segno di potenza. Un fronte mafioso che si compatta ancora di più tra Ardea, Aprilia, Anzio e Nettuno, dove a spartirsi la torta in allegria ci sono anche le famiglie siciliane. (OTTAVA PUNTATA)

COMUNI SCIOLTI – MAPPA / AREEMAPPA / COMUNI COLPITI

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