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Libertà di stampa, una questione politica ineludibile

Di Stefano Fantino il . Progetti e iniziative

Un punto fermo
in cima all’agenda politica nazionale, parole vergate a mano in maiuscolo
per non incappare nell’ennesima sottovalutazione, per non dire omissione:
informazione, conflitto di interessi, riassetto del sistema dei media,
riforma della Rai e dell’editoria.

Le conclusioni dell’assemblea nazionale
di Articolo 21 sul tema della libertà di stampa , che con l’appoggio
della Federazione della stampa e la concreta adesione di Libera Informazione,
si è svolta ieri a Roma hanno rilanciato un manifesto di proposte e
intenti che la politica, troppo spesso assente, ha il dovere di affrontare,
qualsiasi sia il risultato delle elezioni. La necessaria attenzione
da riservare al tema dell’informazione deriva proprio da una mancanza,
una omissione da parte della politica, che nemmeno in questa legislatura,
come sottolinea Paolo Serventi Longhi, è riuscita a cambiare la situazione,
a risolvere i problemi, le incongruenze e le grottesche situazioni che
costellano il mondo dell’informazione italiana.

Legalità,
libertà e qualità

Prima di cedere
la parola ai molti intervenuti all’assemblea, Beppe Giulietti, a nome
di Articolo 21, ha voluto contribuire a sintetizzare i concetti principali
entro cui dovrebbe muoversi la riorganizzazione del sistema mediatico
tricolore: legalità, libertà e qualità. Risulta, in prima istanza,
la necessità di recepire decisioni della commissione Europea e le sentenze
dell’Alta Corte europea di Giustizia, in particolare sul caso Europa
7, ripristinando un senso di legalità che non richiede altro che l’adeguamento
a dettami europei. «Necessario in questo campo – chiosa Giulietti
– un forte segno di discontinuità» anche nei confronti di quelle
leggi bavaglio che minano alla bassa la “libertà” del giornalismo
e della informazione.

Non transige
nemmeno sul tema della qualità, Giulietti. Strettamente correlata alla
libertà: «Non si può dire che un’inchiesta non fa audience,
per cui non gli si dà spazio. Anche in prima serata importanti programmi
di informazione hanno mostrato, nelle rare occasioni in cui hanno avuto
modo di andare in onda, di sapere coinvolgere il pubblico. Occorre dunque
evitare questi accadimenti, queste rimozioni per far lievitare il livello
qualitativo» conclude l’ex deputato.

Non uno,
ma tanti

Se Giulietti
lancia le parole chiave entro cui imbastire il documento programmatico
è sicuramente l’ex segretario FNSI, Paolo Serventi Longhi, a tratteggiare
in maniera più netta le richieste da far emergere per “svecchiare”
il mondo dell’informazione italiana. Cominciando da una precisazione,
molto cara agli analisti più attenti: la necessità di parlare e risolvere
non uno, ma molti conflitti di interessi, spesso trasversali alle intere
coalizioni politiche e non riconducibili alle questioni di sua Emittenza.
Proprio su questo tema sarà incentrato l’intervento di Lorenzo Frigerio,
coordinatore di Libera Informazione, che porterà nel vivo del dibattito
l’esperienza del convegno di Catania, dove una situazione di conflitto
di interessi e monopolio sta stritolando il diritto sacrosanto alla
libertà di informazione.

L’appello di
Serventi Longhi lambisce la politica, incapace di dare risposte, anche
durante il governo di centrosinistra, auspicando una «legge che elimini
la posizione dominante nel mondo dell’ informazione, la non elegibilità
delle persone su cui è pendente un conflitto di interessi, condannate,
in attesa di giudizio e sott’inchiesta.». Si fa ancora più serio e
accorato l’appello dell’ex segretario Fnsi, quando lancia l’idea di
un appuntamento annuale, una sorta di stati generali dell’informazione,
da tenere puntualmente per analizzarne le problematiche e tentare di
risolverle con mirate campagne semestrali.

Mamma Rai

La Rai al centro
della riforma. Rai più che mai bisognosa di affrancarsi dal giogo della
politica. Auspica, Serventi Longhi, «una riforma della Rai che allontani
qualsiasi governo e qualsiasi partito dalla gestione dell’azienda e,
contestualmente, sappia abrogare la commissione di Vigilanza, che spesso
ha agito da ‘tribunale dell’inquisizione» . L’argomento è stuzzicante
e l’assist di Serventi Longhi viene raccolto da più parti, condotto
a canestro da alcuni prepotentemente, da altri con deliziosi sottomano.
Ottavio Olita, del tg3 Rai della Sardegna, sottolinea la necessità
di recuperare un passione per il mestiere che spesso latita e rimprovera
fortemente la sua azienda, soprattutto i colleghi del nazionale: «Rapportarsi
al locale non significa solo rincorrere le emergenze, ma soprattutto
indagare i motivi dell’emergenza». Concorda Frigerio che dall’esperienza
di Libera Informazione nei territori a presenza mafiosa può portare
a convegno l’assenza totale o parziale di un servizio pubblico incapace
di legarsi saldamente a un giornalismo di approfondimento, appoggiandosi
a circostanze emergenziali.

Per una
politica di legalità

«Necessità
di rapportarsi alla politica, ma a chi?» questo l’interrogativo di
Loris Mazzetti. «Se anche coloro che hanno sempre fatto del maggior
conflitto di interessi nazionale una bandiera, partono segnali ambigui
e ritirate strategiche sul tema a chi ci si deve rivolgere per
riportare avanti questa battaglia?». Sulla stessa linea Oliviero Beha
che auspica che dalla complementarità degli opposti schieramenti politici
non si arrivi alla complicità. Un rapporto difficile. Politica e libertà
di stampa, che sembrano ignorarsi nonostante una quanto mai necessaria
resa dei conti. Roberto Natale, presidente FNSI taglia corto: «L’appello
di Napolitano a calmierare i toni della campagna elettorale non deve
passare come una occasione per non parlare di questi scomodi temi».
«Sono molti – prosegue il presidente – i conflitti e tutti ci circondano
e condizionano». Ma la proposta di Natale tocca anche i contenuti dei
programmi Rai, spesso appiattiti su verità parziali, incapaci di sollevare
il contraddittorio e di zoomare sui retroscena importanti di realtà
come quella calabrese, in mano alla criminalità organizzata, sacrificata
sull’altare dell’ennesimo “caso Cogne” di cui parlare a sproposito.
Per questo, per un riassetto del mondo dell’informazione, ma anche dell’editoria,
occorre continuare queste battaglie, senza cedere a sfoghi sterili che
cavalchino «l’onda dell’antipolitica», come dice Natale. «Non siamo
qui per dire che tutto è marcio, tutto è corrotto, ci sono colleghi
attivi e coscienziosi. Quello che serve – chiude Natale – è un adeguamento
senza colori e partiti a quelli che sono semplici e puri principi democratici».

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