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Ragusa, scacco al Piano regolatore

Di Stefano Fantino il . Dai territori, Sicilia

Un pronunciamento del Tar di
Catania e, dopo lunghi mesi di polemiche, i piani di edilizia economica
e popolare (Peep) a Ragusa sono stati fermati.  Il Tribunale amministrativo
regionale, in data 10 dicembre,  ha dichiarato legittimo il ricorso
presentato dall’associazione Italia Nostra e dal circolo ibleo dell’Italia
dei Valori contro il piano regolatore che prevedeva la costruzione di
una vasta area dedicata all’edilizia popolare fuori Ragusa. Le motivazione
del pronunciamento vertono sulla mancata determinazione di una reale
necessità abitativa che giustifichi un investimento edilizio talmente
massiccio. In questo modo viene stralciata gran parte del Piano regolatore
approvato dalla giunta di centro-destra guidata da Nello Dipasquale
e vengono bloccati tutti gli atti e gli emendamenti relativi alle “case
popolari” emersi negli ultimi mesi. Si tratta di un vero e proprio
scacco al Prg che prevedeva la realizzazione di aree Peep per oltre
2 milioni di metri cubi, tra Ragusa e Marina di Ragusa. Una colata di
cemento ingiustificata in una città senza crescita demografica e con
un centro storico (Ragusa Ibla) da recuperare.
 
 

Ragusa, la città e il piano
regolatore
 

Ragusa si estende per più
di 400 km quadrati, dal centro storico di Ibla alla città nuova fino
a Marina di Ragusa, distante qualche
chilometro ma a tutti gli effetti parte del comune siciliano. Dal dopoguerra
la città ha avuto solamente un piano regolatore effettivo – nel 1974
– da cui la necessità di dare un assetto urbanistico al capoluogo ibleo
senza tuttavia dimenticarne configurazione ed esigenze. La risposta
della giunta comunale arriva inizialmente l’8 gennaio 2007: Con una
delibera vengono individuati quasi 2 milioni di metri cubi di terreni
agricoli in Ragusa e, parzialmente, in Marina di Ragusa, da destinare
ai piani di edilizia economica e popolare. La costruzione di abitazioni
per migliaia di persone (tremila secondo la giunta, dodicimila per l’opposizione)
non prevede nessuna valutazione sul reale fabbisogno demografico di
una città che non registra impennate da diversi anni (bilancio demografico
regionale Sicilia – Istat 2003). Senza contare la grande disponibilità,
in una città che gode di due cuori pulsanti come Ibla e Ragusa, di
immobili che dopo un recupero strutturale sarebbero perfettamente utilizzabili.
Ma perchè si parla di “case popolari” e non di piano di recupero
particolareggiato del centro storico? E poi, in che modo terreni che
sono, come detto, agricoli, vengono trasformati in aree edificabili?
Roba da bagarre in consiglio comunale. E difatti…
 
 

Cronaca di un
“ordinario” consiglio comunale
 

L’iter per l’approvazione del
piano regolatore è andato avanti con il crisma della straordinarietà.
Straordinaria, anche per la durata, è infatti la seduta convocata
il 30 gennaio (dalle 19 alle 10.30 del mattino seguente). La larga maggioranza
dà voto favorevole ma il consigliere Iacono dell’Italia dei valori
presenta un emendamento che prevede di eliminare dal Piano i terreni
acquisiti negli ultimi sei mesi, sia tramite atto di vendita, sia con
preliminare di vendita. Alle 4 del mattino l’emendamento viene approvato.
Una sorta di norma anti-speculazioni per evitare furbe compravendite
dell’ultimo minuto. Secondo l’opposizione, infatti, gran parte dei terreni
acquisiti erano stati individuati in extremis con la compiacenza dei
futuri costruttori. Ma la norma presto decade. E inizia il muro contro
muro con  il primo cittadino convinto di approvare il piano senza
l’emendamento anti-speculazione, nella sua forma originale. Siamo a
maggio e alcune sedute del consiglio vengono disertate anche dalla maggioranza.
Le conferenze stampa contro il Piano regolatore organizzate dall’opposizione
viaggiano di pari passo con la solidarietà di alcune associazioni che
dubitano fortemente della liceità di quello strumento urbanistico.
A Roma vengono presentate delle interrogazioni parlamentari (senatore
Giambrone, Idv) mentre il senatore Battaglia attacca duramente il sindaco
Dipasquale che dichiara di non volersi fermare davanti a niente e a
nessuno. Il tutto mentre una città necessita di cure piuttosto che
di colate di cemento. Ma il piano di recupero di Ragusa Ibla viene definitivamente
fatto cadere dalla giunta, il cui problema principale è far decollare
i Peep in consiglio comunale. Nel frattempo nel centro storico, capace
di accogliere potenzialmente 40 mila persone, vivono solamente 16 mila
abitanti e la gente è indotta a trovare casa fuori Ragusa, dove le
ruspe non aspettano che un segnale per iniziare a scavare.
 

Partita finita? 

      Intanto
anche la procura di Ragusa comincia ad indagare sull’edilizia popolare
approvata dal comune. La Guardia di Finanza del Comando provinciale
di Ragusa acquisisce copia della documentazione relativa ai Peep e iniziano
così le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica presso
il tribunale di Ragusa. La decisione di ricorrere al Tar segna un punto
importante della partita. Ma per alcuni mesi il caso “Ragusa Peep”
sparisce dall’agenda. Ora un ritorno quasi inaspettato con un pronunciamento
che restituisce linfa ai tanti detrattori del Piano e incrina ancora
di più la posizione della giunta, ormai “impelagata” da mesi nelle
sabbie mobili di uno strumento pensato e gestito senza trasparenza.
Pensare di poter abitare nel centro storico, patrimonio dell’Unesco,
in questo freddo dicembre è ancora un sogno. Ma evitare un ecomostro
inutile e dannoso in favore di un recupero della vecchia Ragusa è qualcosa
di più di una speranza. E a confortarla vi è il pronunciamento del
Tar: per ora tutto resta congelato, per ora le ruspe non possono scavare.

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