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Liceo Fermi, ripartire dopo la devastazione

Di Nino Gravino il . Campania, Dai territori

C’è una
scritta sul muro su cui si chiude il cancello principale, “Badalamenti”.
Strano, perchè non siamo a Cinisi, ma neanche negli anni ’80. Siamo
a San Cipriano d’Aversa, precisamente nelle terre tra Casapesenna
e Casal di Principe, nel bel mezzo di quella che qui chiamiamo ‘campagna’,
ma che di bucolico ha davvero ben poco: per strada non puoi far a meno
di notare i 5 km di rifiuti che ti accompagnano dal paese sino al Liceo
Scientifico Statale Enrico Fermi. E’ li che il ministro della Pubblica
Istruzione Fioroni, assieme alle autorità locali, ha portato la sua solidarietà alla scuola devastata dall’arroganza e dalla stupidità
delle nostre terre. Ma andiamo con ordine.

E’ la notte
del 6 dicembre, e nella scuola, occupata da qualche giorno dagli studenti,
succede qualcosa di strano. Qualcuno decide di farsi valere, farsi rispettare
cercando di colmare quel vuoto che ha dentro distruggendo ciò che ha
di più caro, ma soprattutto che in quel momento ha nelle proprie mani,
possiede. Sempre quel qualcuno impasta litri di cemento, prepara falò
con i registri e i documenti dell’istituto, forza e distrugge l’impianto
elettrico, elimina ogni cosa che sia nel suo raggio d’azione. Il bilancio
alla fine sarà di circa 350mila euro di danni alla struttura.

Dopo giorni
di fermo delle attività, di proteste dei genitori e di sgomento silenzioso,
oggi arrivano le promesse del ministro in persona, che si impegna a
ridare vita alla struttura scolastica e a contribuire al ritorno alla
normalità. Qui mi sento in dovere di fermarmi con il racconto dei fatti,
nonostante ci sia ben poco da aggiungere. La morale è stata già fatta
da qualcuno, le solite frasi già dette e scritte. Sento solo il bisogno
di annunciare che nella normalità già ci siamo, da tempo. Una normalità
fatta di non rispetto, di arroganza, di illogicità. La normalità qui
è “appartenere” a qualcuno, essere rispettato, o più semplicemente
preferire la chiusura dell’impianto scolastico, la sua distruzione,
all’attività scolastica. Ma non è solo questo. Qui i giovani si
sentono i padroni, intoccabili e potenti, e cercano di assomigliare
alla generazione dei padri, gli stessi che hanno aperto abusivamente
cantieri, che aprono discariche a cielo aperto, che hanno imprese edili
con due persone a contratto su 20, che ti bruciano il negozio se non
paghi, che ammazzano. Ma la storia già la conosciamo.

Poi? Poi si
fa silenzio. Non bisogna parlare, si ha paura di parlare. Ed essere
omertosi a 15, 16 anni non è proprio una gran cosa se ci pensiamo.

Sono decine
e decine le visioni che potrebbero generarsi dopo ciò che è avvenuto.
Ma è necessario circoscrivere il tutto. C’è qualcosa che non si
può ignorare e che ormai è parte integrante della nostra mentalità:
l’alternativa non esiste, qui. La presenza istituzionale non la si
conta attraverso i numeri dei militari sul territorio né la si pesa
con le parate d’occasione. La si comincerà a notare solo quando i
punti di riferimento attuali verranno meno, quando verrà realmente
punito chi si adopera ogni giorno alla distruzione della cosa comune,
quando le forze verranno impegnate realmente in opere di creazione e
non di mera speculazione. Che ognuno cominci a prendersi le proprie
responsabilità e che chi crede in una ripresa culturale e sociale di
questo territorio, cominci a diffidare “da chi dice che non ha colpe”.

I 760 studenti
del Fermi ritorneranno in classe grazie ai finanziamenti stanziati
per ricostruire la struttura. Di quei 760 gran parte finirà gli studi
senza avere grandi possibilità di costruire e gestire i propri spazi.
Molti altri saranno solo un altro piccolo virus di un sistema già malato.

Bisogna ripartire,
ma è difficile quando qualcuno non lo vuole.

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