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Camorra, le mani sulla città

Di Daniela De Crescenzo il . Campania, Dai territori

Pazzigno,
Taverna del Ferro, Case Celesti, rione dei Fiori, rione De Gasperi:
sono migliaia le case costruite a Napoli dallo Stato e occupate dai
clan. Nei ghetti di periferia si può venire sfrattati, si può essere
costretti a consegnare le chiavi per permettere ai pregiudicati di trovarvi
rifugio, si vive nel terrore di essere obbligati a nascondere droga.
L’incubo di chi è costretto a convivere con i boss viene raccontato
nelle decine di lettere (quasi sempre anonime) che arrivano all’ufficio
casa del Comune di Napoli, ma anche da pagine e pagine di ordinanze
e sentenze firmate dai giudici della Dda.


Scrive il Gip Luigi Giordano nella sua ordinanza di custodia cautelare
nei confronti di diciassette appartenenti al clan Mazzarella che domina
San Giovanni a Teduccio e Forcella: «Il rione Pazzigno ha, di per sé,
una conformazione architettonica idonea ad essere considerata una roccaforte
perché è diviso in sei scale, ciascuna di sette piani ed è comprensivo
di 144 appartamenti. I Reale (clan di San Giovanni, ndr) hanno
organizzato un vero e proprio fortino, isolando le aree abitative e
le loro immediate vicinanze dall’esterno (ossia dall’azione degli avversari
e dalle forze dell’ordine) mediante la creazione di ostacoli all’accesso
veicolare e pedonale; la dislocazione di posti di controllo e vigilanza
presidiati da affiliati con l’utilizzo di mezzi blindati o assistiti
da sistemi di telecamere e monitor; la blindatura degli appartamenti
in uso ai membri del gruppo». 
Ma, quando cambiano i rapporti di forza, cambiano anche i padroni degli
appartamenti e delle relative fortificazioni: così quando i capi del
gruppo Reale sono finiti in prigione e il clan è stato sottomesso dai
rivali, i Mazzarella, anche il rione Pazzigno è passato di mano. Scrive
ancora Giordano: «I Reale sono diventati un vero e proprio sottogruppo
del clan Mazzarella. Questo sodalizio ha occupato il rione Pazzigno
con i propri affiliati approfittando dell’assenza dei membri maschili
del clan Reale».
 
Agli atti è allegata anche una denuncia, quella di Concetta Cuomo,
madre di due pregiudicati, costretta a dividere l’appartamento con un
certo “Peppe ‘o pellettiere”, che il clan aveva sistemato
in casa sua. La donna si è decisa a denunciare perché non ce la faceva
più a pagare l’affitto al Comune: l’uomo, infatti, non sborsava un
euro. E Concetta ha spiegato agli agenti del commissariato di San Giovanni:
«Non ho avuto il coraggio di ribellarmi alla situazione perché so
che Peppe ‘o pellettiere” è un criminale legato al clan dei Mazzarella
e ho avuto paura di essere ammazzata». 
Eppure nel ’98 il Comune di Napoli aveva deciso di espugnare il fortino
di Pazzigno prima e di Taverna del Ferro poi. Furono liberati una ottantina
di appartamenti, ma nessuno dei legittimi assegnatari volle occupare
le case strappate alle cosche. Così dopo qualche mese gli alloggi furono
nuovamente occupati dai gregari dei boss, che del resto erano restati
nei due rioni perché due successive sanatorie regionali , nel ’94 e
nel ’98, hanno regolarizzato le occupazioni abusive. Il Comune, dunque,
si è limitato a sfrattare solo chi aveva occupato dopo di quella data.
E con i capi dei Reale, dei Mazzarella e dei Formicola alla porta accanto
nessuno aveva osato accettare le case dell’ente pubblico.

Così i clan continuano a comandare negli alloggi del Comune. E a contendersele
con le armi. Fu proprio l’occupazione di un appartamento nelle Case
Celesti (Costruite con i fondi della ricostruzione, mai collaudate e
occupate abusivamente) a costare la vita a Carmela Attrice, una delle
vittime della Faida di Scampia che ha sconvolto Napoli tra il 2004 e
il 2005 e che ancora continua a fare vittime. Anche in questo caso la
vicenda la raccontano i magistrati. Scrive Roberto Donatiello, nella
sentenza di condanna dei sei giovani assassini di Carmela Attrice: «La
vittima aveva due colpe, se di colpe si può parlare. La prima era di
essere la madre di un ragazzo che frequentava gli ambienti criminali
di Secondigliano e che, suo malgrado, era rimasto in qualche modo coinvolto
nel conflitto. La seconda era quella di abitare nelle cosiddette Case
Celesti di Secondigliano che erano e dovevano restare sotto il controllo
del sodalizio criminoso facente capo alla famiglia Di Lauro». L’Attrice,
sospettata si essere madre di un affiliato al clan rivale dei di Lauro,
i cosiddetti scissionisti, non aveva accettato lo sfratto ed era stata
ammazzata sotto gli occhi della figlia.

Il dominio delle case degli enti pubblici è uno dei punti di forza
delle organizzazioni criminali che riescono ad assegnare gli appartamenti,
a sfrattare chi non collabora, a segnare la vita di migliaia e migliaia
di persone. Lo Stato ha rinunciato da tempo a riconquistare i rioni
che nel ’94 alla vigilia delle elezioni regionali furono occupati in
una notte. Le case costruite con i fondi della ricostruzione furono
58 mila, almeno ventimila furono assaltate in quell’anno. Molte altre
sono finite successivamente nelle mani dei clan. E dopo il ’98 nessuno
ha provato a sfrattarli

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