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“Il recupero di un giornalismo etico”

Di Stefano Fantino il . Dai territori, Sicilia

Un signore dai capelli bianchi, raggiunge
il palchetto per parlare all’uditorio dopo essere rimasto in fondo alla
sala: «Di una sentenza parlano in pochi, si dimentica facilmente. Se
la utilizzi come fonte, se la diffondi, diventa una verità comune maggiormente
condivisa».

Quel signore si chiama Salvo. Una ruvida
verità la sua, un metodo di lavoro interessante per fare giornalismo
antimafia e allo stesso tempo una delle cause dei bavagli imposti all’informazione
in Sicilia, ma non solo. Quel signore la conosce bene questa realtà,
quel signore si chiama Salvo Vitale. Animatore di Radio Aut insieme
a Peppino Impastato, Vitale da molti anni impegnato nell’antimafia ha
voluto portare il suo contributo ai lavori di Libera Informazione. L’Osservatorio
diretto da Roberto Morrione timbra il suo primo cartellino in Sicilia,
agli inizi di un mese, dicembre che lo vedrà toccare anche le città
di Catania e Trapani per poi ritornare nell’isola agli inizi del 2008.
 
 

Se come sottolinea Salvo Vitale è spesso
necessario fare un passo più in là per permettere a notizie appurate
dalla legge di circolare e raggiungere la gente è altrettanto vero
che spesso alcune notizie vengo bloccate subito, tramite una autocensura
preventiva che gli stessi giornalisti attuano su se stessi. Vitale fa
un esempio. Una associazione antiracket che ha preso vita a Partinico,
che coinvolgeva molte persone, compresi alcuni politici in “odor di
mafia” ma che inspiegabilmente non annoverava commercianti. Ma la
gente non può saperlo, perché sui giornali non c’è scritto, non si
parla di questa assurda, incredibile anomalia.
 

Fare il punto sull’informazione siciliana,
per tentare di migliorarla, tramite le nuove tecnologie, la rete, la
comunicazione tra gli operatori della società civile, questo il fine
dell’incontro organizzato presso la Lega delle Cooperative a Palermo.

Ma quale Palermo? Quella dei ragazzi
che in televisione parlano bene di Riina e lo dipingono come un novello
Robin Hood in salsa corleonese dopo la visione di una fiction sulla
sua vita o la Palermo di Addio Pizzo e Libero Futuro? La Palermo dell’entroterra,
dell’attivismo delle cooperative sui beni confiscati ai mafiosi, oppure
quel set molto scenografico organizzato dalla Questura per rilanciare,
(parole di Roberto Ruvolo, della RAI), l’ennesimo quadretto etnografico
di Cosa Nostra dopo la cattura dei Lo Piccolo?
 
 

Concordano nei loro interventi di esordio
Roberto Morrione e Umberto Di Maggio, referente di Libera Palermo. La
necessità di spostare l’informazione al di fuori dei confini della
cronaca nera devono sposarsi, come sottolinea Morrione, all’approfondimento
giornalistico e all’attualizzazione anche in contesti non giornalistici,
magari offrendo ricostruzioni e inchieste anche a seguito di spettacoli
o fiction, per non lasciare il pubblico solo, senza un corretto supporto.
E per sfuggire come dice Di Maggio a quel compitino e a quei compromessi
che molto spesso accettano i giornalisti, evitando questione scomode
e  rinunciando, financo ad evidenziare il positivo, siano essi
i beni confiscati, siano le lezioni sulla legalità.
 

Dino Paternostro sicuramente non si è
mai limitato al compitino. Giornalista, sindacalista alla Camera del
Lavoro di Corleone, un’auto bruciata e ancora molta voglia di vederci
chiaro. Per sorpassare la solitudine di chi, in un paesino tristemente
noto per la sua storia mafiosa, ha fiato per denunciare le cose che
accadono talvolta pure alla luce del sole.  Nonostante apparati
anche statali spesso scoraggino queste iniziative, facendo sprofondare
ancora di più il giornalista che rischia solo per aver tentato di raccontare
quello che vede aprendo la finestra di casa. Un giornalista locale,
dunque, che dovrebbe essere uno dei nodi di una rete capace di informare
al meglio. Ma spesso il rischio è quello di espropriare del suo compito
il giornalista indigeno. Lo dice Salvatore Cusimano della RAI, che auspica
un ritorno concreto alla figura del corrispondente locale su temi molto
spesso affidati a redazioni centrali incapaci di inquadrare al meglio
la notizia. La necessità dei Tgr è quella di promuovere gli avvenimenti
locali, essendo loro stesso, i tele giornali regionali, la chiave di
volta perché le testate nazionali trattino determinati argomenti. Giuseppe
Crapanzano, cronista Rai, sottolinea il ruolo di mediazione che il giornalista
dovrebbe avere nel trattare due notizie riguardanti il tema mafioso.
In Sicilia, sottolinea il giornalista, vige la regola della divisione,
per cui per un Cuffaro che apre una associazione antiracket e un Cuffaro
indagato si hanno due servizi televisivi. Mediare, correlare, mettere
in luce dei collegamenti, tutto questo passa anche da un semplice accorgimento
tecnico: confezionare un servizio in cui si sottolineano questi due
aspetti di cronaca riguardanti il governatore della Sicilia, per permettere
una conoscenza più integrata degli avvenimenti.
 

Importanti sollecitazioni al dibattito
anche dalla CGIL, dal centro studi Pio La Torre e da Legambiente, il
cui supporto per inchieste e operazioni di recupero di memoria storica
è abbondantemente filtrato negli interventi  di Riolo e Salvatore
Granata. In particolare il rappresentante del sindacato sottolinea l’impegno
congiunto con Confindustria per un’azione antiracket e il debito di
memoria nei confronti dei sindacalisti uccisi. Un monito per i giovani:
ricordare ogni sindacalista con una targa nel comune di residenza, per
creare senso della memoria nelle nuove generazioni. Nuove generazioni
le cui le adesioni e la voglia di visibilità sono state ascoltate:
molti giovani che sparsi in città e provincia  (Partinico, Bagheria)
combattono tramite l’informazione e l’azione sul campo. Raccogliere
l’iniziativa di Addio Pizzo di un bollettino informativo, dare spazio
ai lavori di LiberaMente e alla tenacia dei ragazzi di 90011.it, un
sito autogestito da alcuni ragazzi che a Bagheria si sentono molto soli
e costantemente fronteggiano problemi economici in una realtà difficile,
dove le informazioni non passano e vengono stravolte. Raccogliere queste
sfide dunque, per rilanciarle. Insieme.

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